Davide Anelli

Aprii la porta del bagno e me la richiusi alle spalle.

Timidamente scostai la tenda e un teleobbiettivo, uno delle decine che da tempo sostavano là fuori, mi fissò per qualche secondo. Spaventato mi ritrassi velocemente, “pure in bagno adesso ci spiano questi giornalisti ” pensai.

Solo in quel momento capii la reale portata di quello che stavo vivendo.

Era la primavera del 2006, quella che molti ricordano come la primavera nera del calcio italiano: calciopoli.

Ho vissuto quel periodo in prima fila, non volendo, da spettatore privilegiato.

Ho assistito dall’interno alla repentina caduta della più gloriosa società di calcio italiana che, per ironia della sorte, da poco aveva giocato la sua settima finale di Champions e si stava apprestando a conquistare uno dei suoi molteplici scudetti, il ventinovesimo (poi revocato).

Nel 2003 ho iniziato a lavorare nel marketing della Juventus, ufficio in quegli anni magistralmente guidato da Romy Gai. Il fatto che la società è in Italia indiscutibilmente la prima ad aver applicato il marketing al mondo calcio e quello è stato uno dei periodi più prolifici dal punto di vista commerciale, per me è motivo di orgoglio.

La mia fortuna è stata che fin da subito ho iniziato a lavorare ad un’Idea che da qualche tempo mi balenava per la testa e che nel giro di poco tempo, complici congiunzioni astrali molto favorevoli, hanno portato al varo del progetto Juventus Club Doc.

Per mezzo del progetto “Club Doc” la Juventus ha rivisto il modello di gestione delle migliaia di Juventus Club sparsi per tutto il mondo, ottenendo attivi commerciali ove fino ad allora aveva registrato perdite.

All’inizio del 2007, la scadenza del mio contratto è coincisa con la fine della mia straordinaria avventura nella Juventus FC; questa non è stata la mia prima esperienza nel marketing sportivo, ma sicuramente è stata quella che mi ha coinvolto maggiormente dal punto di vista emotivo.

Da quel momento, per me, è cominciato un su è giù in realtà diverse tanto da essere uno dei pochi, se non l’unico, ad aver lavorato in tutte le categorie del calcio Italiano dall’eccellenza alla serie A.

Lasciando stare le giuste o ingiuste revoche figlie della giustizia sportiva, ho un piccolo palmares da far invidia a molti giocatori: due scudetti professionisti, uno scudetto LND, tre promozioni, un titolo regionale…a parte per i noti fatti del 2006, non sono mai retrocesso. Potrei aggiungere anche una salvezza col Bologna nel 2009 da molti reputata quasi impossibile; e anche se il mio ruolo non è tecnico e non mi sono mai occupato di compravendita di giocatori, ho capito che almeno…non porto sfiga, anzi!

Iniziare questa professione dal vertice vedendo ad esempio come l’Uefa organizza e gestisce nei dettagli una singola partita di Champions League, è come imparare a guidare in autostrada con una Ferrari; tutto facile…tutto troppo facile. Quando lavori nella Juventus tante cose sembrano più semplici e realmente lo sono.

Nelle altre società ho cominciato a capire i meccanismi, studiare le logiche i modelli di business e a scoprire i segreti di come rendere una società più solida.

Il mio pallino è la sostenibilità. Credo che qualsiasi società di calcio, professionistica e non, debba e possa auto-finanziarsi senza dover ricorrere alle sponsorizzazioni. Ben vengano, ovviamente, ma se ci fate caso la regola è questa: meno hai bisogno di sponsor e più è facile averne! Pensate al Barcellona ad esempio, si è permesso per anni di non averne alcuno sulla maglia.

Per i Top Club, i soldi delle sponsorizzazioni servono per comprare giocatori sempre più forti, non per sopravvivere.

Chi crede che le squadre di calcio possano reggersi sulle sponsorizzazioni fa un enorme errore. Tutte le società, che hanno commesso questo stupido errore sono fallite miseramente.

La maggioranza non capisce quali sono le basi per auto sostenersi, benché tutte abbiano davanti agli occhi il modo per farlo.

I vari addetti ai lavori normalmente non si occupano di come generare entrare certe e costanti perché sanno che ai soldi :”tanto ci pensa il Presidente”, ed in molti casi è vero. Ma andate a chiedere al Presidente se questo era ciò che si aspettava quando ha iniziato.

Se si riuscisse a scrutare l’interno della testa della maggior parte di essi, probabilmente, le uniche fonti economiche che troveremmo elencate sarebbero:

  • Compravendita giocatori;
  • biglietti stadio;
  • aiutino del comune;
  • i soliti due e tre sponsor amici;
  • e quando l’annata è buona qualcosa pure da quell’attacca striscioni del marketing.

Ed ovviamente la voce che troveremmo per ultima, perché è quella che fino alla fine non vuole prendere in considerazione, è: le proprie tasche.

Però più passano gli anni più si rende conto che “Pantalone” è l’unico in grado di reggere il colpo delle tante, troppe spesa extra non budgettizate.

Molte volte, perfino da dirigenti di società importanti, mi son sentito dire: Davide, perché non prendi la tua valigetta e vai a cercare qualche sponsor in quella strada o in quell’azienda! Non capendo che il marketing non è fare il porta a porta fra i commercianti e le aziende della zona, ma dovrebbe essere qualcosa di più radicale e profondo.

Il Marketing dovrebbe essere la colonna portante di una società che vive sopratutto di visibilità e notorietà.

Ma il mestiere del venditore o commerciale (avete mai notato che tutti o quasi confondono il marketing col commerciale?) è già difficile quando hai un prodotto da vendere, assai più arduo quando vendi fuffa…si, perché noi alla fine vendiamo quello. Nulla di diverso dall’aria fritta. Scatenerò sicuramente le ire di moltissimi miei colleghi che pensano di vendere emozioni, esclusività, sogni. Tutte balle.

Se andate a guardare i piani di marketing di molte squadre di calcio, partono dal numero di praticanti o appassionati del calcio in Italia e nel Mondo, ma poche poi si soffermano su quanti appassionati o praticanti ha realmente la PROPRIA società, anzi nessuno lo sa ed in pochi sanno anche come ottenere questo dato. E’ da li che deve partire un buon piano di marketing, da quello che hai e che puoi dare; e non è poco.

Le squadre sportive e quelle di calcio in particolare hanno comunque tanta visibilità e grandi vantaggi competitivi su altre tipologie di aziende. Quale pizzeria, negozio od attività potrebbe mai vantare un seguito così massiccio tale da meritarsi, quasi ogni domenica, un articolo sul giornale? Nessuna. Quali sono in grado di poter trasformare a proprio vantaggio questa cosa? Poche.

Allora, impariamo dalle società che lo fanno, impariamo a capire quali sono le regole che reggono saldamente una società sportiva di calcio, perché ci sono azioni che se poste nella maniera giusta, fanno la differenza.

Vi voglio confidare un segreto…neppure la Juventus segue tutte le “regoline base”, se lo facesse nel giro di pochi anni potrebbe raddoppiare le sue entrate da marketing (ed ovviamente anche da commerciale), ma non andate a dirlo in giro.

Davide Anelli

Nel caso qualcuno avesse letto tutta sta pappardella per sapere nel dettaglio il mio percorso lavorativo, mi scuso e lo rimando alla mia pagina di linkedin

.https://www.linkedin.com/in/anellidavide/