Pochi soldi e pochi sponsor? Ecco come per magia ho aumentato gli introiti della mia società di calcio di oltre il 400%.

di | 09/10/2020

Dopo tanti articoli teorici adesso è il momento di parlare di qualche caso più pratico. In particolare di un prodotto di marketing molto adoperato dai Top Club europei ma che ho apprezzato e copiato dalla Uefa che lo utilizza in occasione degli incontri di Champions. Questa case history risulterà molto utile per capire il potenziale di marketing a disposizione di tutte le squadre in ogni campionato e categoria, confermando l’immobilismo commerciale esistente nel nostro calcio.

Ma partiamo dall’inizio. Quando cominciai la mia avventura nell’Ac Cuneo 1905 come responsabile marketing, la squadra militava ancora in serie D e preso dall’impeto di fare bene volli immediatamente avviare il maggior numero di iniziative per aumentare i ricavi commerciali. Così ben presto entrai in contatto con il tessuto imprenditoriale cuneese notando, con mio sommo stupore e piacere la presenza all’interno della “provincia granda” di un altissimo numero di multinazionali popolarissime e con bilanci miliardari. Per capirsi subito, in provincia di Cuneo vi sono aziende del calibro di: Ferrero (Nutella, Kinder), Dimar (leader GDO con le insegne, Mercatò, Selex e Maxisconto), Gruppo Mondo (sport & flooring), Miroglio Fashion (Motivi, Elena Mirò, Fiorella Rubino), Merlo s.p.a., (industria metalmeccanica), Fonti di Vinadio (Acqua Sant’Anna), Monge (Pet Food), Balocco e Maina (dolciarie), Lannutti (trasporto merci), Diageo beverfood (Guinness, Kilkenni, J&B, Baileys), ecc….

Queste aziende sono solo una piccola parte di un lunghissimo elenco, ma sufficiente per far capire l’enorme ricchezza imprenditoriale esistente nel territorio: un potenziale commerciale in sponsorizzazioni tale da far rimanere stabilmente la società biancorossa in serie A. Parte di quell’ammontare economico, infatti, unito ad un’ottima gestione tecnica portarono per oltre un decennio la BreBanca Lannutti a dominare e vincere nel volley…tutto questo a pochi metri dal nostro stadio di calcio.

Quello che mi tormentava era il perché, con tanta ricchezza attorno, nessuna di queste aziende si fosse mai avvicinata concretamente alla realtà del Cuneo? Eppure il calcio era, ed è, lo sport più popolare del mondo e noi, seppur coi nostri alti e bassi, navigavamo da anni nel calcio professionistico.

Dando un’occhiata alle gestioni commerciali delle passate stagioni ed ai pacchetti che offrivamo ai nostri sponsor, senza volerle in alcun modo criticare, mi accorsi non solo che avevamo pochissimi sponsor paganti ma che, nello stadio, erano ancora esposti strati e strati di striscioni degli anni passati che funzionavano semplicemente da “abbellimento” o strategicamente posizionati all’interno del campo di gioco ed usati come semplici tappa buchi. Al che cominciai a sudare freddo. Se avessi pensato razionalmente a quello che in passato era stato fatto con tanto ben di dio a disposizione, avrei dovuto tenermi ben lontano da quella realtà. Se non ci erano riusciti professionisti del calibro di Franco Arese (ex Presidente della squadra, cuneese doc, CEO di Asics Italia e Presidente della FIDAL), io nato nella “lontanissima” Torino, cosa avrei potuto fare?

In quel momento come mi sarei dovuto comportare col giovane ed ambizioso Presidente Marco Rosso che con tanta generosità mi aveva assunto al Marketing? Avrei dovuto mentirgli, nascondermi senza farmi più vedere? Oppure illuderlo dicendogli che molte delle aziende contattate stavano prendendo in seria considerazione l’idea di sponsorizzarci?

Avevamo un bacino di utenza talmente grande, ricco e potente che gli amanti della “sponsorizzazione come unica soluzione del calcio” ci avrebbero sguazzato dentro, probabilmente appostandosi per giorni fuori dalle sedi di questi colossi per estorcergli degli incontri e offrendo loro i soliti pacchetti di sponsorizzazione silver, gold e diamond.

Iniziai a chiedermi e a chiedere in giro perché, nel recente passato, nessuna di queste realtà imprenditoriali avesse mai pensato di mettere nell’A.C. Cuneo 1905 anche solo lo 0,1 per cento del budget destinato alle sponsorizzazioni. La risposta la capii a spese mie.

Provai decine di approcci, telefonate, lettere, mail, presentandomi di persona, tramite conoscenti, amici ed amici degli amici, ma chi prima, chi dopo, chi anche concedendomi qualche incontro, mi dava sempre la stessa risposta: “siete una bella società e pure simpatica, ma non siamo interessati a voi”. Simpatici? Noi?! Ma che vuole dire simpatici? Non è la tipica frase che ti dice la ragazza più carina della scuola quando non vuole uscire con te? Ero confuso, non capivo.

Prima di diventare un così integerrimo sostenitore del marketing operativo applicato al calcio, anche io ritenevo l’equazione “squadra di calcio = sponsor” l’unica possibile applicabile allo sport. Ma il fallimento di tale formula era per qualche ragione davanti ai miei occhi, la prova che al Cuneo Calcio questa equazione aveva dato errore era lampante. La nostra squadra era praticamente un’entità invisibile agli occhi di chi avrebbe potuto farci belli e ricchi, non esistevamo, fantasmi, uno sputo nel mare, assolutamente insignificanti. I pochi soldi che queste aziende elargivano nel territorio come sponsorizzazione sportiva, per loro stessa ammissione, venivano distribuiti a pioggia fra i vari circoli, bocciofile od associazioni ciclo amatoriali indicate da qualche dipendente associato o per antica amicizia col capo. Ovviamente queste aziende si guardavan bene dal chiedere in cambio alcun tipo di visibilità o esposizione del marchio: era pura e semplice elemosina. Mi ricordo che il manager di una di queste grandi aziende, dopo avermi fatto aspettare settimane per un semplice incontro e visibilmente annoiato dall’elenco delle “grandi potenzialità del Cuneo Calcio” che gli stavo illustrando, mi mise davanti una lista di ben 63 società sportive od associazioni con l’immancabile DLF (dopo lavoro ferroviario) che negli ultimi anni avevano goduto di un loro contributo; mi liquidò proponendomi la stessa sponsorizzazione data pochi giorni prima ad un circolo sportivo, avrebbe sforato volentieri il budget di quell’anno per dei simpaticoni come noi, così mi offrì…500 Euro.

Mi sentii profondamente umiliato, non per la cifra in sé, ma perché non riuscivo a spiegarmi come mai nessuna azienda intravedesse alcun tipo di opportunità in una collaborazione con noi, nulla di ciò che offrivamo sembrava di loro interesse, benché queste investissero ingenti capitali per i loro obiettivi di marketing, nessun progetto sembrava idoneo alle potenzialità dell’A.C. Cuneo.

Ero frustrato, sull’orlo di una crisi di nervi, angosciato come un bambino col naso stampato sulla vetrina della pasticceria dopo che la mamma gli aveva proibito di comprare il suo bignè preferito. Possibile che nessuna di queste aziende non avesse pensato anche solo per qualche minuto a noi? Pensai e ripensai alla nostra situazione e a come eravamo percepiti all’esterno del territorio. Quali errori stavamo commettendo? Cosa non andava in noi? Era tutto assolutamente irreparabile?

Ragionai sul fatto che le nostre fortune o sfortune erano legate ai piani marketing di altre realtà imprenditoriali. Perché noi dovevamo elemosinare per poter dare vita ai nostri progetti? Perché non potevamo avere noi il coltello dalla parte del manico e prendere per mano le sorti della nostra squadra? Chi o che cosa ci impediva di avere anche noi fatturati milionari? Eppure avevamo un brand storico, fra i più conosciuti nella provincia e seguito con regolarità dalla stampa e da migliaia di persone. Non è questa condizione invidiabile per essere un’azienda di successo?

Cosa impediva a queste aziende di diventare, non solo nostri sponsor ma veri e propri clienti? Cosa gli potevamo vendere che loro sarebbero stati felici di comprare oltre ai classici pacchetti di visibilità? Capii che il vero problema era nascosto all’interno del nostro business model, non funzionava, era da rivedere, avevo bisogno di fare una magia!

Dopo il primo momento di sconforto in cui avevo pensato seriamente di mollare, cercai di ragionare come loro. Le studiai, mi misi nei loro panni per capire se e come avrei potuto intercettare i loro bisogni, passai ore su internet e feci un sacco di telefonate.

Insomma dicevo:“queste aziende sono delle vere e proprie multinazionali che operano nei mercati e nelle borse internazionali, in settori anni luce lontano dal nostro, hanno obiettivi e target migliaia di volte più vasti di quelli intercettabili da noi, cosa ci accomuna, cosa ci unisce”? La risposta fu una sola: il territorio. La loro azienda aveva le fondamenta materialmente e fisicamente scavate vicino al nostro stadio di calcio. Avevo anche capito che qualcuna di queste ogni tanto ospitava clienti importanti, delegazioni, fornitori o terzisti all’interno della struttura per qualche incontro commerciale, corso od evento. Non potevano desiderare di impegnare i loro ospiti in qualche attività diversa per un paio d’ore, anche solo per levarseli elegantemente dalle scatole in attesa della partenza del loro treno o aereo?

Questo era la formula magica che dovevamo usare per risolvergli un problema.

Uno dei punti di forza della provincia di Cuneo è la varietà enogastronomica, perciò oltre ai soliti ristorantini, le aziende avrebbero potuto offrire ai loro ospiti un evento unico e particolare come una partita di calcio ma vista dal loro Sky Box privato, con TV, camerieri, hostess ma soprattutto rifornito di un servizio di catering di primissimo livello! Avevamo creato e messo a loro disposizione un vero e proprio prodotto a marchio A.C. Cuneo.

Quindi la strategia di attacco sulla quale lavorammo fin da subito non fu quella di chiedere una ordinaria sponsorizzazione, ma quella di offrirgli un prodotto che rispondesse ad una loro necessità e che gli risolvesse un problema. Lo sky Box era un luogo ove poter assaggiare un gran numero di cibi locali d’eccellenza (parliamo della terra del Barolo, del Castelmagno, della salsiccia di Bra e di altre centinaia di eccellenze eno-gastronomiche), dagli antipasti ai dolci; un pacchetto perfettamente replicabile, scalabile e potenzialmente appetibile per qualsiasi azienda geolocalizzata nella provincia di Cuneo.

Prima però di dare contenuto e visibilità al nostro prodotto, dovevamo superare un ultimo ostacolo/obiezione che ci aspettavamo che le “aziende colosso” potessero muoverci: “ok ci piace, ma perché a questo punto i nostri soldi darli a voi e non ai vostri competitor diretti in possesso di sky box più belli e spettacoli calcistici (decisamente) migliori del calibro di Juventus e Torino?” Tutto vero, verissimo, Juve e Toro erano di sicuro più appetibili sotto molti punti di vista ma dalla nostra avevamo la possibilità di offrire un servizio “tailored”, personalizzato, per un numero di persone potenzialmente illimitato, più veloce ma soprattutto con una qualità di cibo indiscutibilmente migliore e diversa dalle grandi catene di catering che in quel periodo fornivano questo servizio alle due compagini torinesi….e come ciliegina sulla torta il fatto che fra le nostre fila militava un campione di indiscutibile valore tecnico come Enrico Fantini (ex Juventus, Torino, Bologna, eroe di Firenze e della Fiorentina) che garantiva, bel gioco, vittorie e tanti gol.

Avevamo un prodotto: lo Sky box all’interno dello stadio F.lli Paschiero di Cuneo. Avevamo un Brand: “Corporate boxes AC Cuneo”, avevamo un target ben preciso e una strategia di comunicazione. Si trattava, dell’unico (ne sono quasi certo) “Pacchetto Business” di tutta la serie D (poi replicato anche in serie C).

E’ il brand che conta veramente. E’ il brand che dà un valore alla vostra squadra e che vi fa crescere di stagione in stagione. Non (solo) i giocatori e le vittorie.

(foto: i due sky box del Cuneo in fase di allestimento)

Noi non mostravamo la serie A o la Champions League, ma il concetto di fondo non cambiava di una virgola: dare qualità e contenuti alla visione di un evento sportivo, assistendo comodamente al caldo e godendo di una ristorazione d’eccellenza.

Molto particolare era il modo in cui eravamo riusciti a costruire tale servizio in uno stadio inaugurato in epoca fascista e sprovvisto di spazi, cucine (non aveva neppure un bar) e personale. Affrontai un problema alla volta e anche in questo caso mi venne incontro la mia abilità a copiare. Quanto ero web marketing manager al Bologna avevamo stretto una proficua collaborazione con un istituto alberghiero che ci offriva personale di sala e cucina in cambio di ore di stage che obbligatoriamente i ragazzi dovevano raggiungere per potersi diplomare. Feci la stessa cosa. Contattati il Preside dell’Istituto Alberghiero Virginio Donadio di Dronero e Cuneo il quale mi permise di prendere accordi con due insegnanti che mi misero a disposizione personale di sala e di cucina, felicissimi dell’opportunità data al loro Istituto e agli studenti. Il passo successivo fu trovare la materia prima per allestire il catering. Apparentemente sembrava la cosa più difficile ma fu quella che si risolse in breve tempo. Quasi tutte le aziende d’eccellenza contattate mi offrirono sponsorizzazioni con pagamento in beni alimentari (tecnicamente si chiamano cambi merce) che per loro non era una novità; così trovai vini, pasta fresca, formaggi, frutta e verdura. Con un supermercato conclusi un accordo che mi permise di fornirmi del resto (condimenti, bibite, tovagliame, accessori, ecc…). Convertii il contratto di sponsorizzazione di un nostro vecchio partner che vendeva elettrodomestici per attrezzare le due sale con TV, tecnologia satellitare e video riproduttori. Infine, per la cucina sapevo che il circolo tennistico di fronte allo stadio ne possedeva una e che ce la poteva affittare per le partite casalinghe. In brevissimo tempo dotai lo stadio Paschiero di due attrezzatissimi Sky Box, personalizzabili, con quattro hostess a disposizione in grado di offrire tre pasti di diversa natura e quantità, prima, durante e dopo la gara. L’abbondanza e la qualità dovevano essere l’elemento predominante del nostro prodotto. Avevamo un packaging funzionale ed aggressivo, elemento fra i più importanti per il successo di un prodotto.

Non volevamo avvicinarci alla creazione di sky box uguali agli altri perché questo sarebbe stato impossibile nei presupposti, ossia non potevamo offrire lo spettacolo sportivo ed il lusso che potevano offrire Juventus e Torino, ma puntammo sui servizi e sulla qualità dei prodotti che nel cuneese abbondavano.

Inoltre abbiamo inserito una garanzia; ma che tipo di garanzia si può offrire su un prodotto così particolare? Altra peculiarità rispetto i nostri competitor torinesi: “100% Garantito. Soddisfatto o rimborsato. Se voi o i vostri ospiti non sarete soddisfatti della qualità del cibo e del nostro lavoro al 100%, vi erogheremo lo stesso servizio gratuitamente in un’altra partita o vi ridaremo i soldi della sponsorizzazione

Avete mai sentito nessuna squadra al mondo offrirsi di ridare i soldi indietro? Come vedi neanche il settore del calcio e degli eventi sportivi è differente da qualsiasi altra attività commerciale. Funziona esattamente allo stesso modo.

In collaborazione con il nostro fotografo ufficiale potevamo eseguire pure un servizio fotografico…lo ammetto, poco utilizzato, ma noi eravamo assolutamente pronti a fornire un completo shooting fotografico della giornata allo stadio con i giocatori.

Coloro che hanno avuto la fortuna di essere ospitati all’interno di un qualsiasi sky box per assistere ad una partita di calcio possono confermare l’unicità e la bellezza di questo servizio. Anche se nella vita di tutti i giorni sei un semplice signor nessuno, poter avere a disposizione un balconcino privato con seduta comoda e confortevole, del personale gentile in grado di soddisfare tutte le necessità, davanti ad un ricco buffet di qualità ed una TV satellitare per seguire tutto lo sport di giornata, ti fa sentire la persona più importante del globo. E la soddisfazione dipinta sul volto dei nostri ospiti ce lo confermava ogni volta.

“Sky box Ac Cuneo” – strumento di corporate hospitality personalizzato con i colori dello sponsor ed accessoriato di corredi e cibo di prima qualità in abbondanza, tipo crociera. Et voilà … completamente a disposizione di qualsiasi azienda della provincia di Cuneo offerto da una società semi professionistica, all’interno del proprio stadio.

Come tutte le cose che si ripetono nel tempo anche questo prodotto è stato migliorato col tempo: abbiamo iniziato con l’offrire ottimi stuzzichini e discreti aperitivi ed abbiamo finito per organizzare veri e propri banchetti con antipasti, due primi, carni, contorni e vini pregiatissimi degni di un ristorante stellato. Servizio che è passato dall’essere appena utilizzato ad appuntamento fisso non solo per gli sponsor ma nel post partita anche da giocatori, tecnici e giornalisti creando una commistione vincente di persone ed ambienti.

Se tutto ciò è stato fatto in un impianto del 1935, significa che questa idea può essere tranquillamente copiata ed esportata in tutti i campi e gli stadi d’Italia, di qualsiasi categoria. E’ la potenza di questo business model, basta capire a chi rivolgere le proprie attenzioni, capire la tipologia di servizio da offrire ed infine attrezzarsi per darglielo nel miglior modo possibile senza necessariamente scimmiottare nessuno. Se pensate di apprestare un servizio identico a quello che offre la Uefa per i propri ospiti in Champions allora non fate nulla, non pensateci neppure. Ma se ritenete di avere una struttura con qualità da sfruttare, pensateci bene e sforzatevi di averlo come vostro servizio. Ogni struttura, per quanto vecchia, può avere un proprio punto di forza che può andare bene: può essere una piccola tribuna, una terrazza o comode sedute a bordo campo. Tutto può essere trasformato in zona esclusiva, dove offrire dei servizi e far sentire chiunque vi si sieda servito e riverito come VIP.

La metto giù male. Anche le persone più ricche e famose, quelle che tutto possono avere e tutto possono comprare, amano sentirsi ammirate e coccolate, figuriamoci il cartolaio o il negoziante del vostro paese. Potreste decidere di utilizzare questo servizio per convincere uno sponsor, fidelizzarlo oppure per dare qualcosa di davvero particolare a chi vostro cliente lo è già come le famiglie dei tesserati, rendendo la vostra società unica.

Sono consapevole che alcuni a leggere queste parole sorrideranno, non ho dubbi che immaginarsi il cartolaio seduto su una poltroncina con una bottiglia di birra e due salatini sul campo della Pro Pippese possa mettere di buon umore qualcuno. Ma gli unici che in questo momento non staranno ridendo sono quei Presidenti o quei dirigenti che avranno letto fra le righe di questo mio articolo cercando di capire quale zona del loro stadio o campo potrebbe essere adibita a questo tipo di servizio. Le zone Corporate (o esclusive) sono soldi sonanti in qualsiasi stadio e possono aumentare (e di molto) le entrate di qualsiasi società sportiva tanto che nel mondo professionistico, parlo dell’Uefa e della Champions League, tali servizi coprono più del 30% degli introiti da sponsor, cioè dopo i soldi per i diritti TV e dopo le classiche sponsorizzazioni l’Uefa fa cassa vendendo (e a caro prezzo) a privati e ad altre aziende dei veri e propri “luoghi esperienziali”. E’ un concetto che recentemente è stato replicato anche da alcune multisala cinematografiche, maggiorando il prezzo della fila più richiesta attrezzata semplicemente di poltroncine più soffici, senza nessun buffet o servizio extra. E’ l’idea stessa di essere VIP che viene venduta!

esempio di sala cinema con la file di poltrone VIP

E’ un servizio che può essere duplicato e applicato in tutti gli stadi del mondo. L’obiettivo è incamerare soldi extra da uno sponsor o da un privato che in altro modo non ti pagherebbe neppure. Organizzarlo a favore di una piccola squadra di periferia non significa essere fanatici. Significa avere la consapevolezza che questa è la funzione dell’essere società e non associazione: essere in grado di generare servizi e denaro senza beneficiare di assistenzialismo, perennemente vicini al fallimento.

Ricapitolando. Punto primo: scoprire le potenzialità della struttura (qualsiasi struttura ne ha) pensando a come rendere unica quella zona e contemporaneamente formare il personale che se ne dovrà occupare. Dopodiché cominciamo a venderlo pensando alle reali necessità di chi pagherà per usufruire di quel posto…e poi, poco a poco la miglioriamo, parallelamente al miglioramento dello spettacolo e delle altre infrastrutture.

Ma non è finita qui. C’è un piccolo cosa di cui ancora non ti ho parlato, ma che sono certo potrebbe destare il tuo interesse, visto che è di una certa rilevanza. Infatti uno degli aspetti interessanti di questo servizio è che quando ci presentavamo alle aziende con un prodotto così esclusivo e diverso dal solito avevamo modo di capire più in profondità le loro necessità, tanto che ci capitava di non vendere il servizio proposto. ma di crearne altri a cui non avevamo neppure lontanamente pensato e chiudere ugualmente il contratto. Fu così che anche grazie a questa idea il Cuneo Calcio riuscì a firmare un accordo con un nuovo Main Sponsor (diverso dall’azienda del Presidente) dopo molti anni e aumentando i ricavi da commerciale di oltre il 440%, da 50 a più di 270 mila euro in un anno.

E’ la prova che dimostra che approcciarsi ad un nuovo partner commerciale con qualcosa di unico utilizzando le leve e gli strumenti del marketing porta inevitabilmente a enormi benefici economici. E’ lo strumento che fa capire alla controparte chi siamo e quali prodotti o servizi possiamo offrirgli per gratificare i suoi clienti, dargli maggiore visibilità, più contatti sui social o semplicemente per riempirgli il negozio con nuovi clienti. E’ quello che incrementa i nostri margini commerciali del 440%. Mica male! Per capirci, significa che si possono avere maggiori entrate da reinvestire nelle strutture, nei tecnici o in altre iniziative di marketing. E’ questo il modo di creare un’azienda sportiva di successo, quelle che lo hanno capito adesso hanno per le mani un business fantastico sul quale basare la loro crescita!

Gli sky box e tutti i posti business sono diventati uno strumento, non il fine ultimo dell’attività commerciale, ma un’occasione. Un evento si ricorda nel tempo, lo striscione no. Chi si ricorda il nome di un cartellone appeso ai lati di uno stadio di calcio? Chi vorrebbe “buttare” i propri soldi per tappezzare un campo di calcio col proprio nome senza avere alcun ritorno economico? Chi può essere interessato a parlare con coloro che sono in grado di offrire solo questo?

Il mio obiettivo è farvi capire, una volta per tutte, che chi non è in grado di intercettare le necessità e i desideri dei propri partner commerciali, nostri consumatori, NON ha ragione di esistere e DEVE FALLIRE. Chi invece ragiona come un cliente è destinato, prima o poi, a fare i soldi…e tanti!

Se domani vuoi far fare il salto di qualità al Brand della tua società di calcio, come negli anni 90 ha fatto il marchio Champions League che oggi ha migliaia di richieste, devi creare la tua zona corporate. Vi ricordate qualche azienda abbinata ad una finale di Coppa Campioni prima degli anni 90/2000? Con un prodotto tanto amato ed ambito nessuno aveva mai pensato a creare un’esperienza legata a questo torneo prima del 1992.

Tutte le società di calcio possono seguire l’esempio della Uefa? In teoria sì, in pratica è necessario possedere alcune caratteristiche fondamentali che separano la tua società di calcio da una moltitudine di altre società che non riusciranno mai a raggiungere i propri obiettivi commerciali. Innanzitutto se vuoi fare come la Uefa devi accettare di stravolgere la consuetudine. Come Cuneo Calcio lo abbiamo fatto e superare la resistenza degli scettici è stata la cosa più difficile; sentirsi dire da me, l’ultimo arrivato: “anche se siamo nel Paradiso delle sponsorizzazioni, falliremo perché il nostro business è una stronzata”, è stato un pugno nello stomaco per molti. Se siamo riusciti ad attrarre l’interesse anche di una solo azienda in questo oceano di multinazionali è perché abbiamo giocato ad un altro gioco.

Ringrazio l’allora Presidente dell’A.C. Cuneo Marco Rosso, che mi diede carta bianca perché non fu facile (neppure per lui) accettare totalmente al buio queste idee e affrontare cambiamenti e nuove spese (per gli allestimenti). La maggior parte dei Presidenti non lo avrebbe fatto. E la scelta di stravolgere le consuetudini spiazzò molti, compresi i presidenti che successivamente si avvicendarono. Benché in grado di mostrare oggettivamente incredibili risultati, i dirigenti ed i consiglieri che seguirono tornarono ad accontentarsi delle tradizionali formule del “vuoto per pieno” o del “minimo garantito” che molto velocemente li ha rispediti nel limbo dei campionati di calcio. Oggi il Cuneo, la società che doveva essere in serie A, delle tre categorie consecutive conquistate e dello scudetto LND, dopo l’ennesimo fallimento societario milita in terza categoria ed è per me un durissimo colpo. Non so di chi sia la colpa di questa situazione, quello che so per certo è che i dirigenti, anche i migliori, spesso non capiscono o non supportano le iniziative commerciali dei club perché sanno che quello che pagherà qualsiasi scelta sbagliata o immobilismo economico sarà il Presidente e lo farà soprattutto con il proprio patrimonio personale. AI dirigenti, anche quelli bravi che hanno fame di vittorie, non interessa sapere da dove vengono i soldi, perché le loro entrate sono garantite da un contratto e male che vada potranno vincere con altre squadre. Questo è la realtà del calcio. Ogni consigliere, giocatore, segretario, magazziniere, amministrativo o operatore marketing, fuori da quella società ha un mercato. Il Presidente è solo, è l’unico che alla fine dovrà fare i conti con le sue scelte, le bollette ed i debiti, il solo ad affrontare il baratro del fallimento, l’unico che si presenterà in tribunale con i libri contabili sotto il braccio, inviso, deriso e disprezzato da tifosi e giornali.

Davanti all’aumento di spese e al decadimento di un Brand molto affermato ma con limitati ritorni economici, la Uefa si è rimboccata le maniche cercando nuove formule e un modello di business appetibile da società, tifosi e sponsor. Ha coperto le falle eliminando un torneo storico come la Coppa delle Coppe, ridimensionato la coppa Uefa e concentrandosi unicamente su un solo trofeo. Ho stravolto brand, tradizione e luoghi comuni”. Anche Il Cuneo Calcio ha fatto questo ridisegnando un servizio utilizzato in altre categorie per adattarlo alle proprie esigenze.

In questo articolo non voglio dilungarmi oltre, ma prima di lasciarvi voglio assicurarmi che quello che ho scritto oggi vi sia ben chiaro: dovete creare servizi che promuovano il vostro Brand, non può e non deve bastare solo il calcio giocato e la prestazione sportiva per far conoscere la vostra società, altrimenti a farsi notare saranno sempre le solite.

L’unica cosa che ha davvero valore in una società sportiva, è il brand al di là delle coppe, dei trofei e dei campionati vinti. Se vuoi anche per la tua società di calcio una storia di successo devi seguire i principi corretti del marketing e rafforzare il tuo brand, solo allora ti sarà più facile vincere.

E’ questo il tempo di passare all’azione!

Non devi stare a guardare gli altri che costruiscono stadi o fanno progetti. Se hai le capacità per muoverti fallo adesso, ma sbrigati! Se invece non sai da dove iniziare ed hai bisogno di un consiglio chiamami, ti aiuterò. Potremmo cominciare a parlarci per telefono e vedere quale potrebbe essere la tua storia di successo, come diventare un Presidente vincente e battagliero che, come te, vuole dimostrare che i momenti sfavorevoli, le crisi, sono solo scuse accampate da chi non sa fare impresa nella maniera corretta.

Io mi chiamo Davide Anelli — e se ciò che ho fatto o scritto ti stimola a raggiungere il prossimo livello come Presidente e far prosperare la tua società di calcio oltre i tuoi sogni più reconditi non puoi assolutamente limitarti: chiamami, vienimi a trovare, mandami una mail, fammelo sapere nei commenti, ma in ogni caso contattami http://(https://www.anelli.news/blog/contatti/)

UNA SQUADRA CHE VINCE E’ UNA SQUADRA COMPOSTA DALLO STESSO NUMERO DI UOMINI DELLE ALTRE, MA CON UN NUMERO DI SOGNATORI MAGGIORE.

evento esclusivo all’interno di uno stadio

4 pensieri su “Pochi soldi e pochi sponsor? Ecco come per magia ho aumentato gli introiti della mia società di calcio di oltre il 400%.

  1. Claudio

    Carissimo Dott. Anelli.. complimenti per l’articolo molto ben strutturato e completo in ogni suo aspetto. Le faccio i complimenti per il lavoro che aveva svolto nella società Cuneo calcio.. e credo il suo lavoro in società calcistiche di serie maggiori potrebbe essere molto utile. Continui così. Cordiali saluti

    Rispondi
    1. davide Autore articolo

      Gentilissimo Claudio, ha ragione a Cuneo non solo io, ma tutto il gruppo aveva lavorato sodo per raggiungere obiettivi importanti che fortunatamente ci sono stati.
      Il marketing nel calcio è importante in egual misura sia per le grandi che per le piccole società, l’importante è farlo bene. Grazie dell’incoraggiamento e continui a leggermi.
      Davide

      Rispondi
  2. Vincenzo Rambone

    La tua è stata un ottima intuizione….ammiro il tuo sforzo di diversificare, di staccarti dal pizzo o elemosina di turno…..ma hai sottovalutato un aspetto fondamentale: il marketing deve essere vissuto e comunicato al settore tecnico, non è disgiunto da quest’ ultimo, deve riflettere e sposare il posizionamento della squadra…..tutti devono essere coinvolti: proprietà, dirigenti,staff tecnico, politici, cittadini, etc..problema che il marketing sportivo nelle serie inferiori, ma anche in B e A , salvo eccezioni, è affidato ad agenzie grafiche, ai figli di dirigenti, politici, etc….che non vantano nessuna esperienza qualificata nel settore. Saluti da un umile artigiano delle sponsorizzazioni

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    1. davide Autore articolo

      Fantastico Vincenzo, grazie per aver colto l’essenza dell’articolo, la mancanza di managerialità che è uno dei mali più grossi del nostro calcio. Vero anche il fatto che tutte le azioni di marketing debbano essere comunicate a tutti i rami d’azienda, purtroppo però a me è capitato molte volte di trovarmi solo contro tutti; se ad esempio ricevevo una richiesta particolare da parte di un’azienda (in cambio di maggiore denaro) rischiava non solo di non essere condivisa ma addirittura apertamente osteggiata perché “quelli del commerciale” non devono rompere le scatole alla squadra. Un saluto da chi, come te, ha corso migliaia di miglia dietro gli sponsor. Tieni duro!

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